Intervento apertura campagna elettorale 26/2/2010

Il contesto politico in cui si collocano queste elezioni regionali è pesantemente segnato, per ciò che riguarda l’università, dal dispiegarsi della più vasta opera di demolizione della funzione costituzionale dell’istruzione dalla nascita della Repubblica, messa in atto dal governo Berlusconi. La situazione è disastrosa: dopo i tagli con la l. 133 di Brunetta all’FFO, il governo si appresta a varare una riforma dell’università, targata Gelmini, che conferma la logica dei tagli, parla di accorpamenti degli atenei, e perpetra la situazione di precarizzazione permanente dei ricercatori. Le università romane nel 2009 presentano un deficit di 70 milioni di euro, e lo stesso Frati (rettore dell’università La Sapienza, mai troppo critico con la compagine governativa) annuncia l’impossibilità di pagare gli stipendi del personale nel 2010, di operare nuove assunzione di ricercatori, di rinnovare o aggiornare le attrezzature dei laboratori, ecc… Gli scarsissimi investimenti che il nostro governo opera per il ramo (1,1% della spesa pubblica, rispetto al 3% di media europea: siamo ultimi in Europa!) condizionano anche i finanziamenti europei erogati in proporzione ai primi. Da un punto di vista dinamico, dal 1990 al 2005, gli investimenti in università e ricerca sono aumentati di un misero 4%, a fronte del 21% della Francia, del 38% della Germania, e del 117% della Spagna: la ricerca in Italia è ferma a 20 anni fa! Senza considerare il processo classista che si è innescato con la logica degli atenei virtuosi, che risultano pochissimi, e che condanneranno le università “non meritevoli” o a essere atenei di serie B, oppure, come già sta avvenendo a Roma3, a creare dei poli interni di eccellenza dove convogliare le forze economiche e didattiche di maggior rilievo, col risultato di una università divisa tra “prima classe” e “classe turistica”.
In questo contesto le elezioni regionali si pongono in modo strategico come unico limite all’aggravio della situazione studentesca che deriva direttamente da quei tagli. Le regioni, per le competenze che hanno in materia di istruzione, possono svolgere un ruolo importante, riaffermando un ruolo “vertenziale” nei confronti del governo centrale, capace di aggregare consenso tra quanti vivono le università e di offrire supporto all’azione di contrasto di quanti si mobilitano, oggi e ieri nell’Onda, a difesa della scuola pubblica. Ciò che è possibile fare è ampliare, aggiornare e riqualificare gli interventi in materia di “diritto allo studio”, nel rispetto dei principi sanciti dagli articoli n.3, 33 e 34 della Costituzione, al fine di rimuovere i vincoli sociali, economici e culturali che impediscono o rendono difficile l’accesso e la permanenza dei soggetti nel sistema scolastico e formativo per un riordino organico delle iniziative regionali in questo campo.
Nel quadro delle normative europee la regione ha diversi compiti legati al ruolo delle Università: promuovere la tutela, la valorizzazione, lo sviluppo e la diffusione sia della cultura umanistica e scientifica che della ricerca, in particolare per quello che riguarda l’innovazione tecnologica, favorendo l’interazione fra saperi, il loro utilizzo per lo sviluppo economico e sociale del territorio e il miglioramento della qualità della vita di tutta la cittadinanza. Alla luce di questi compiti la regione Lazio, che ospita la più grande concentrazione universitaria in Europa, deve valorizzare e incentivare lo sviluppo delle Università operanti nel territorio (Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Roma 3, la Tuscia, Cassino), promuovendo percorsi di alta formazione per giovani ed adulti e sopperendo, dove necessario, alle necessità di finanziamento; avviando azioni di raccordo tra gli atenei e il sistema regionale produttivo, finanziario e terziario avanzato, sia in termini di produttività comune che di sistemi di job placement per personale ad alta qualificazione professionale; favorendo la formazione e l’aggiornamento del personale operante negli atenei; intervenendo con azioni finalizzate allo sviluppo e al recupero edilizio sia di infrastrutture di ricerca che di formazione.
Ma sono le competenze in materia di diritto allo studio che possono fare la differenza: servono risorse economiche per finanziare le borse di studio, nell’ottica della somministrazione del reddito indiretto, in tutte le forme possibili. Ancora oggi sono troppi gli studenti idonei che vengono ESCLUSI dal sostegno finanziario per carenza di fondi. In accordo con i Comuni occorre quindi che la Regione Lazio si adoperi per individuare formule in grado di garantire l’usufrutto gratuito o a prezzo ridotto di tutti quei servizi a carattere collettivo necessari per l’esercizio del diritto alla conoscenza (trasporti, alloggi, mense, ecc…)
Per quanto riguarda gli alloggi, il caro affitti per le residenze universitarie private è ormai un problema insostenibile, che si inserisce pienamente, come concausa, nell’annosa problematica abitativa della capitale. La Regione Lazio ha il potere di porre un argine a questa deriva speculatoria sollecitando una politica rigorosa di controllo fiscale sulle locazioni per l’emersione del “nero”, di incentivazione alla regolarizzazione, di sicurezza sugli immobili locati che spesso versano in situazioni di degrado e pericolosità inaccettabile. Essa ha già dato vita a un’Agenzia per gli affitti con l’obiettivo di aiutare gli studenti universitari fuorisede a trovare case in affitto in modo regolare e secondo la normativa vigente, ma questa struttura non è stata valorizzata a sufficienza. Andrebbe quindi potenziata e resa accessibile a tutta la popolazione studentesca, informando nello stesso tempo i proprietari di immobili dell’esistenza delle condizioni favorevoli previste nei contratti agevolati di cui alla legge 431 del 1998. 
Allo stesso tempo va potenziato un sistema pubblico di residenze universitarie. Quello al momento reso disponibile dall’ente regionale per il diritto allo studio è del tutto insufficiente a coprire, specie a Roma, tutta la domanda proveniente dalle masse di studenti fuorisede, che pure per reddito e merito ne avrebbero diritto. A questo riguardo la Regione Lazio potrebbe provvedere al finanziamento di un programma di edilizia concordata con le organizzazioni degli studenti e dei ricercatori precari e al contempo donare gratuitamente, o attraverso affitti simbolici, stabili di proprietà regionale alle Università per fare in modo che siano convertite a scopo abitativo. 
Sempre rispetto alla necessità di poter esercitare il diritto allo studio, occorre complessivamente riconsiderare la politica dei costi fin qui seguita, nell’ottica di quella politica di gratuità che più di altre dovrebbe contraddistinguere l’università pubblica, e che dovrebbe essere una strategia di superamento indiscussa del periodo di crisi che stiamo attraversando. In primo luogo, le tasse universitarie sono oggi troppo elevate e i tagli indiscriminati voluti dal governo Berlusconi costringeranno molti atenei ad aumentarle ulteriormente a discapito degli studenti meno abbienti. In questo quadro, la Regione Lazio dovrebbe ridurre la percentuale delle tasse di derivazione regionale per consentire l’abbassamento complessivo dei costi di accesso agli studi universitari in attesa che un diverso governo nazionale ridiscuta i parametri della tassazione progressiva in base al reddito, consentendo quindi l’accesso gratuito agli studenti provenienti da famiglie a reddito medio e medio-basso. Allo stesso tempo, la Regione ha il potere di stanziare dei fondi aggiuntivi per le Università finalizzandoli al diritto allo studio, in grado di compensare le conseguenze dei tagli ed evitare la tentazione dei Rettori di aumentare ulteriormente le tasse.  
Il Sottocomitato Risorse Umane del Quadro Strategico Nazionale ha finalmente stabilito che è legittimo l’utilizzo delle risorse del Fondo Sociale Europeo per il finanziamento da parte di Regioni e Province Autonome di borse di dottorato e di master. Questa decisione consente anche alla Regione Lazio di sbloccare le risorse per i dottorandi senza borsa in attesa che il Governo nazionale elimini questa figura o che quantomeno elimini le tasse che questi sono costretti a pagare per poter svolgere il proprio percorso di ricerca e formazione. Inoltre, non può esserci garanzia di valorizzazione del merito, senza piena garanzia di autonomia sociale. 
La Regione Lazio dovrebbe promuovere e finanziare progetti di mobilità europea per dottorandi e giovani ricercatori, al fine di sostenere economicamente le esperienze di formazione all’estero.
I nostri giovani ricercatori, a differenza dei loro colleghi europei, hanno meno autonomia, soprattutto finanziaria, e si formano in un ambiente gerarchico che non li stimola a valorizzarsi. I nostri programmi nazionali di ricerca, ad esempio, possono essere coordinati solo da personale di ruolo. Questo è un grosso limite che va ridiscusso perché per coordinare un progetto di ricerca è necessario avere idee valide e i titoli scientifici adeguati e non un posto di ruolo. Vista la miopia a questo riguardo del Governo nazionale sarebbe importante che la Regione Lazio coinvolgesse giovani dottorandi e in genere la comunità dei ricercatori precari nei processi di pianificazione e sviluppo del territorio regionale promuovendo progetti ad hoc, implementando le risorse economiche ad essi destinate e concedendo ai giovani ricercatori la possibilità di gestire dei fondi per progetti di ricerca, di coordinare gruppi di ricerca, di mettere in atto e in gioco le idee innovative da parte dei cosiddetti giovani dell’Università, insomma la possibilità di entrare in maniera rilevante nella progettazione e nella gestione della ricerca, senza essere perennemente in una posizione di subalternità.
In conclusione, mi sembra ovvio che la lista della Federazione della Sinistra abbia preso in considerazione le vertenze e le questioni attinenti al mondo della conoscenza, in particolar modo all’università: la mia candidatura è un segno di discontinuità nel mondo politico locale che ha sempre ignorato o considerato marginale il tema costituzionale del diritto allo studio. Mi auguro che gli studenti se ne accorgano, nonostante il silenzio mediatico che offusca il nostro programma e perfino la nostra esistenza. 
Buon lavoro a tutti e grazie per l’attenzione
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